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I luoghi dello Studio Ghibli

Tutti abbiamo visto i film dello Studio Ghibli, e siamo rimasti ammaliati dalla storia, dai personaggi, ma soprattutto dai paesaggi che prendono vita in questi film. Ma pochi sanno, in realtà, che è grazie ad alcuni luoghi reali che sono nati molti dei più bei film dello Studio.
Vediamo di scoprirne alcuni:

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Ambientato a Koganei, una città alla periferia di Tokyo, il film prende in prestito molte ambientazioni dal vicino parco metropolitano di Koganei, che è il secondo in grandezza nell’area di Tokyo.

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Porco Rosso
Ambientato nelle coste dalmate dell’Adriatico, durante i bellissimi viaggi in idrovolante si vedono spettacolari aperture sui bellissimi paesaggi italo-istriani. Tra questi spicca il bellissimo rifugio di Marco Pagot, ricavato in una baia che s’ispira apertamente alla Stiniva Cove, nell’isola di Vis in Croatia.

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Kiki – Consegne a domicilio
La città di Koriko, dove Kiki si trasferisce, è forse l’ambientazione più bella e completa mai fatta in un film dello Studio. Una città che prende vita sotto gli occhi dello spettatore, unendo spunti e suggestioni più varie (come San Francisco o alcune città italiane) in una città dal respiro mitteleuropeo, che lascia senza fiato.

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Ma il vero spunto per Koriko viene dalla Svezia. Infatti la città è stata disegnanta tenendo a mente due bellissime città svedesi: Visby e Stoccolma. La prima è una città di origine vichinga, dichiarata dall’UNESCO patrimonio mondiale; Stoccolma invece è la capitale, e conserva un bellissimo centro storico, dal quale Miyazaki ha preso spunto per la piazza con la torre dell’orologio, dove avviene l’incidente con il dirigibile.

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Principessa Mononoke
Già avevamo parlato del luogo dal quale veniva l’ispirazione per Principessa Mononoke. In Giappone è presente un’isola, Yakushima, dove la mano dell’uomo non è arrivata, e ha permesso alla natura di rimanere praticamente incontaminata.

Una delle parti di quest’isola si chiama proprio “Mononoke Hime no Mori” (La foresta della Principessa Spettro) per via della sua somiglianza con l’ambinentazione del film.
Per un approfondimento vi rimandiamo all’articolo nel nostro blog.

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Il Castello Errante di Howl
La bellezza di Howl è anche nei suoi paesaggi. Chi, vedendo il film, non è rimasto affascinato dalle bellissime vedute alpine, o dalle città in stile tedesco? Il film infatti, prende ispirazione da una cittadina francese, Colmar. Questa città sta nella regione dell’Alsazia, area di confine sempre contesa tra Francia e Germania, che ha avuto a più riprese influssi francesi o tedeschi, che si vedono nella sua architettura.

Si dice che Miyazaki vi abbia fatto visita durante il periodo di Natale, e sia rimasto incantata dalla bellissima atmosfera creata dai mercatini e dalle luci natalizie.

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Il mio vicino Totoro
I paesaggi per questo film vengono da un’area già molto “sfruttata” per le ambientazioni Ghibli, ovvero Tama (si ricordi PomPoko). Qui vi sono le Saitama Hills, una serie di parchi dalla natura incontamintata, che sembrano galleggiare come in sogno.

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La città Incantata
Se nel film è un famoso luogo termale, il posto reale non è da meno. Infatti, nel film è rappresentato il villaggio di Jiufen, vicino Taiwan. Il centro storico, arroccato su una collina, è interamente cosparso di caffe e ristoranti noti per la loro bontà in tutto il paese, nonché per lo spettacolare panorama che si apre sull’Oceano Pacifico. Semplicemente, un paradiso per mangiare.

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Qualcuno di voi ha visitato questi magnifici posti? Qual è il vostro preferito?

Credits photos: whenonearth.net
Source: ghibliworld.com

La Città Incantata: ecco il trailer italiano ufficiale

Orso d’Oro al festival di Berlino nel 2002 e Oscar per il miglior film di animazione nel 2003, La Città Incantata è probabilmente il capolavoro indiscusso del maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki.

Il film, che ha segnato anche il ritorno del maestro dietro la macchina da presa dopo aver annunciato il suo pensionamento, arriverà nelle sale di tutta Italia per un evento imperdibile di tre giorni: 25, 26 e 27 giugno.

Di seguito il trailer ufficiale italiano.

Proprio come Principessa Mononoke, anche La Città Incantata avrà un nuovo doppiaggio più fedele alla versione originale giapponese e supervisionato dallo Studio Ghibli.

A questo link potete leggere la sinossi ufficiale.

Avete segnato le date sul calendario?
Non fatevi sfuggire l’occasione di vedere al cinema un vero capolavoro d’animazione adatto a grandi e piccini.

I film dello Studio Ghibli sfilano in passerella

Hayao Miyazaki ha realizzato capolavori cinematografici famosi in tutto il mondo e per dimostrarlo si potrebbero fare tanti esempi. Uno dei più recenti e curiosi è la presenza in passerella alla prestigiosa Settimana della moda di Parigi di modelli che potrebbero essere ispirati ad alcuni dei film più noti, come “La città incantata” (a giugno nei cinema italiani), “Principessa Mononoke” e “Ponyo sulla Scogliera”. Tra gli stilisti che potrebbero aver realizzato abiti ispirati ai celebri lungometraggi di Studio Ghibli ci sono nomi del calibro di Vivienne Westwood, Paul & Joe, Alexander McQueen e anche l’italiano Valentino.

Susuwatari – l’abito di Gareth Pugh si ispira ai piccoli esserini di fuliggine apparsi prima ne “Il mio vicino Totoro” e poi ne “La città incantata”. Di solito neri, golosi di konpeito, si tramutano in polvere una volta toccati. La specie che ha sfilato per Gareth Pugh è una bellissima e rara varietà bianca.

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Spirito del Ravanello – Un altro personaggio presente nel film “La città incantata” è lo Spirito del Ravanello, chiamato anche Oshira-sama, che incontriamo nell’impianto termale dove lavora Chihiro. A ispirarsi a lui potrebbe essere Comme de Garcon’s in un abito che esalta la bellezza ribelle.

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Chihiro – Anche la bambina di 10 anni protagonista de “La città incantata” potrebbe aver ispirato un abito, questa volta di Chloe. In particolare l’abito fa riferimento a quello indossato da Chihiro all’interno dell’impianto termale: abito lungo con cintura in vita.

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Principessa Mononoke – Dopo il recente passaggio del film nei cinema italiani è facile riconoscere in questo abito la coraggiosa guerriera San, che lotta per salvare il luogo in cui è cresciuta dagli umani. A esaltare il fascino della principessa spettro è Alexander Mcqueen.

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Lo Spirito della ForestaVivienne Westwood ha creato un abito molto particolare ispirandosi al Dio Cervo presente in Principessa Mononoke? Avvolta nelle piante, la modella indossa rami di frutti di bosco intorno al collo e una piuma in testa, mentre il trucco esalta la bellezza e le dona un aspetto salutare.

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Totoro – Lo spirito della natura, amichevole e paffutello, de “Il mio vicino Totoro” è anche presente nel logo dello Studio Ghibli. A lui sembra ispirarsi l’abito di Viktor & Rolf, ovviamente grigio come in originale.

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Gattobus – L’originale mezzo di trasporto utilizzato ne “Il mio vicino Totoro” è un autobus a forma di gatto, che grazie alle dodici zampe riesce a muoversi velocemente diventando anche invisibile. Ispirazione per tanti artisti di campi diversi, in questo caso lo potrebbe essere stato per Chloe.

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Howl – L’affascinante Howl è forse l’ispiratore di questo abito rosso di Paul & Joe. Personaggio principale, insieme a Sophie Hatter e Calcifer, del film “Il castello errante di Howl” vive in un mondo di magia, ma soprattutto ha un castello che si muove per le Lande desolate.

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Ponyo – Il grande italiano Valentino, invece, si ispirerebbe ad un altro capolavoro dello Studio Ghibli: “Ponyo sulla Scogliera”, donando alla pesciolina rossa Ponyo che vuole diventare umana e stare accanto a Sōsuke un aspetto puro.

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Senza Volto – Ne “La città incantata” uno spirito “Senza volto” si affeziona alla protagonista Chihiro cercando disperatamente di renderla felice. Ha l’aspetto di un esile figura con una maschera bianca in volto ed è a questo spirito che sembra ispirarsi per il suo abito Yohji Yamamoto.

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Qual è il vostro preferito o quello che incarna meglio le caratteristiche del personaggio? Noi non sappiamo se questi abiti potrebbero piacere ad Hayao Miyazaki, ma se davvero sono stati ispirati dai capolavori Studio Ghibli confidiamo che siano fedeli ai valori espressi nei film del Maestro.

La Storia della Principessa Kaguya al Festival di Cannes

In questi giorni in Francia si sta svolgendo il Festival de Cannes, la famosa rassegna cinematografica internazionale che dal 1946 ad oggi rappresenta un appuntamento importantissimo per tutti i cinefili. Quest’anno però, oltre ai film live-action, al festival sarà presente anche lo Studio Ghibli.
L’ultima opera di Takahata Isao infatti, uscita nell’autunno del 2013, è stata inserita nella sezione parallela Quinzaine des Réalisateurs, una selezione di film fatta dalla Société des Réalisateurs de Films per premiare il talento e le scelte stilistiche innovative. E in questo contesto non è strana la scelta di nominare La storia della Principessa Kaguya.

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Infatti, lo stile usato dal co-fondatore dello Studio si distacca completamente da quanto siamo abituati a vedere oggi. Preferendo, piuttosto che contorni netti e colori pieni, una linea più evanescente e colori più sfumati, quasi a sottolineare una realtà indefinita, dove fiaba e realtà si mischiano. Questo stile non è totalmente inventato, ma anzi, rappresenta una citazione del’antica arte del Emakimono. Conosciuto anche semplicemente come Emaki, è un’opera di narrativa illustrata che si sviluppò in Giappone tra il XII e XIII sec., unendo scrittura ed immagini su un lungo rotolo, che veniva avvolto e srotolato mentre lo si leggeva.

E’ in queste grandi opere che vi sono le prime testimonianze del disegno giapponese, e Takahata stesso, inoltre, ha più volte ribadito di amare profondamente questa forma d’arte, sostenendo che lo stile moderno del disegno giapponese venga tutto da lì.

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Il film è la trasposizione cinematografica di Taketori Monogatari, la storia del taglia bambù. Narra di un contadino che, mentre tagliava del bambù, all’interno di uno dei fusti trova una piccola bambina, grande quanto un pollice. L’uomo, senza figli, la prende e la porta a casa da sua moglie, ed insieme decidono di allevarla come bambina propria.

Ma crescendo, la piccola Kaguya si troverà a scoprire la sua vera identità, quella di non essere una persona qualunque ma una principessa…

A seguire il trailer mostrato in occasione del Festival di Cannes.

La Città Incantata a Giugno nelle sale: la sinossi ufficiale

Il 25, 26 e 27 giugno arriverà nelle sale italiane La Città Incantata, considerata da molti l’opera maestra di Hayao Miyazaki, vincitore di innumerevoli premi tra cui l’Orso d’Oro al festival di Berlino nel 2002 e l’Oscar per il miglior film di animazione nel 2003. Un film per grandi e piccini che ha battuto ogni record di incasso in Giappone e che anche in questo caso godrà di un nuovo doppiaggio italiano.

Di seguito potete leggere la sinossi ufficiale del film-evento.

Chihiro è una ragazzina di dieci anni, capricciosa e testarda, convinta che l’intero universo debba sottostare ai suoi capricci. Quando i suoi genitori, Akio e Yugo, le dicono che devono cambiare casa, la bambina va su tutte le furie e non fa nulla per nascondere la sua rabbia.

Abbandonando per sempre la vecchia casa, Chihiro si aggrappa al ricordo dei suoi amici e di un mazzo di fiori, ultime tracce della sua vecchia vita. Arrivati in fondo ad una misteriosa strada senza uscita, Chihiro ed i suoi genitori si trovano davanti ad un immenso edificio rosso sulla cui facciata si apre una galleria senza fine che somiglia ad una gigantesca bocca. Con una certa riluttanza, Chihiro segue i genitori nel tunnel.

Il tunnel li conduce ad una città fantasma, dove li aspetta un sontuoso banchetto. Akio e Yugo si gettano famelici sul cibo e vengono trasformati in maiali sotto gli occhi della figlia. Sono scivolati in un mondo abitato da antiche divinità e esseri magici, governato da una strega malvagia, l’arpia Yubaba.

Yubaba spiega a Chihiro che i nuovi arrivati vengono trasformati in animali prima di essere uccisi e mangiati. Coloro che riescono a sfuggire a questo tragico destino saranno condannati all’annientamento, quando verrà dimostrato che non servono a nulla.

Per sua fortuna, Chihiro trova un alleato nell’enigmatico Haku. Per ritardare il più possibile il terribile giorno della resa dei conti e sopravvivere in un mondo strano e pericoloso, Chihiro dovrà rendersi utile e quindi lavorare. E così la ragazzina rinuncerà alla sua pigrizia, alla sua umanità, alla sua ragione, ai suoi ricordi e addirittura al suo nome…  

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Principessa Mononoke, la parola a Hayao Miyazaki

Da circa una settimana, in occasione della Festa del Cinema, è nelle sale italiane Principessa Mononoke, il capolavoro diretto da Hayao Miyazaki, uscito per la prima volta nel 1997.

Il film, sicuramente tra quelli più amati del maestro giapponese, è stato riproposto con un nuovo doppiaggio più fedele all’originale e ha riscosso un enorme successo nelle sale.

Per chiudere in bellezza questa settimana dedicata a Principessa Mononoke, vi proponiamo le dichiarazioni di Hayao Miyazaki sul film.

“In questo film ci sono pochi di quei samurai, signori feudali e contadini che di solito appaiono nei film in costume giapponesi. E quelli che ci sono appaiono nei ruoli più marginali. Gli eroi principali di questo film sono i furiosi dei delle foreste della montagna, e quei personaggi che raramente fanno la loro comparsa sul palcoscenico della storia. Tra questi, i membri del popolo dei fabbri Tatara, gli artigiani, i braccianti, i minatori, i carbonai e i conducenti di carri, con i loro cavalli e i loro buoi. Portano armi e hanno quelli che potremmo definire come i sindacati dell’epoca, le loro corporazioni di arti e mestieri.

I terribili dei della foresta, contro i quali si battono, prendono le sembianze di lupi, cinghiali e orsi. Il Grande Spirito della foresta sul quale è incentrata la storia è una creatura immaginaria dal volto umano, il corpo di un animale e grandi corna legnose. Il ragazzo protagonista è un discendente della tribù degli Emishi, che fu sconfitta dai governanti giapponesi Yamato e scomparve in un’epoca remota. La ragazza ha i tratti di una scultura in creta del periodo Jomon, un’era pre-agricola del Giappone, durata fino all’80 d.C. circa.

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Gli ambienti principali in cui si svolge la storia sono le impenetrabili foreste degli dei, il cui accesso è vietato agli esseri umani, e le fucine del clan Tatara, che somigliano ad una fortezza. I castelli, le città e i villaggi dediti alla coltivazione del riso, che di norma sono gli ambienti in cui si svolgono le storie in costume giapponesi, qui restano sullo sfondo. Al loro posto abbiamo cercato di ricreare l’atmosfera di un Giappone ancora coperto da fitte foreste, con pochi abitanti e nessun argine, con una natura ancora incontaminata, con montagne lontane e vallate solitarie, ruscelli di acqua limpida, stretti sentieri pietrosi e non battuti e una profusione di uccelli, animali e insetti.

Abbiamo utilizzato questi ambienti per sottrarci alle convenzioni, ai preconcetti e ai pregiudizi relativi ai tradizionali drammi storici e per avere maggior libertà nel delineare i nostri personaggi. Recenti studi di storia, antropologia e archeologia ci dicono che il Giappone ha un passato molto più ricco e vario di come comunemente viene rappresentato. La povertà di immaginazione dei nostri drammi storici è in gran parte dovuta all’influenza esercitata dai cliché presenti nelle trame dei film.

Il Giappone dell’era Muromachi (1392-1573), periodo in cui si svolge la nostra storia, era un mondo in cui il caos e il cambiamento costituivano la norma. Successiva all’era Nambokucho (1336-1392), durante la quale due corti imperiali si erano fatte la guerra per la supremazia nel Paese, l’era Muromachi è stata un’epoca piena di ardimento, di clamoroso banditismo, di nuove forme d’arte e di ribellione contro l’ordine stabilito. E’ stata l’epoca in cui ha cominciato a prendere forma il Giappone di oggi. E’ stata diversa sia dall’era Sengoku (1482-1558), quando eserciti professionisti combattevano in guerre organizzate, sia dall’era Kamakura (1185-1382) quando i potenti samurai si scontravano per il dominio sul territorio.

E’ stata un’era più fluida, in cui non c’erano distinzioni tra contadini e samurai, in cui le donne erano più libere e audaci, come è possibile capire guardando le ‘shokuninzukushie’, immagini dipinte di donne dell’epoca intente a compiere i lavori più diversi. In quel mondo il confine tra la vita e la morte era più netto. La gente viveva, amava, odiava, lavorava e moriva senza le ambiguità di oggi.

In ciò risiede, credo, il significato di fare un film come questo in anni di caos mentre ci accingiamo ad entrare nel XXI° secolo. Con questo film non pensiamo di risolvere problemi globali. Non ci può essere un lieto fine dello scontro tra gli dei della foresta e gli uomini. Ma anche nel bel mezzo di odio e carneficine resta un po’ di quell’amore per cui vale la pena di vivere. Incontri meravigliosi e cose bellissime accadono ancora.

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Nel film abbiamo messo in scena l’odio, ma solo per mostrare che ci sono cose più importanti. C’è una maledizione, ma solo perché volevamo mostrare la gioia della salvezza. Cosa ancora più importante, mostriamo come un ragazzo e una ragazza arrivino a comprendersi, e come la ragazza mostri il suo cuore al ragazzo. Alla fine del film la ragazza dice al ragazzo: “Ti amo Ashikata, ma non posso perdonare gli esseri umani”. Il ragazzo sorride e le risponde: “Cerchiamo di convivere in pace”.
Questa scena riassume l’idea di film che volevamo fare.”

Principessa Mononoke sarà nelle sale solo fino a domani. Se non l’avete ancora visto, prenotate subito il vostro biglietto cliccando sul banner sotto.